La morte

La morte è sempre stato uno dei più grandi misteri, e una delle più grandi paure, con cui l’essere umano sa di dover fare i conti presto o tardi.
E questa inevitabilità e certezza non ha fatto altro che aggiungere ansia al mistero. Nessuno di noi può scampare alla morte. Peggio ancora, non si sa cosa succede dopo. Ci dissolviamo realmente come fa il nostro corpo? La nostra coscienza, la nostra identità sarà persa per sempre in un eterno sonno fatto di nulla? Oppure esiste un aldilà nel quale continueremo a vivere?
La morte non è altro che un momento di passaggio. Può essere doloroso, e certamente ribalta la nostra intera vita, di fatto strappandoci alla realtà che abbiamo conosciuto dalla nascita e proiettandoci in un mondo differente.
Ognuno di noi possiede uno spirito, che vive all’interno del nostro corpo. Quando un essere umano muore questo spirito scompare, se ne va, e il collante che teneva vivo il corpo scompare con esso portando la materia a decomporsi. Ma il nostro spirito, la nostra coscienza, perdura. Di più: ognuno di noi ha già vissuto molte volte il momento della morte, perché ognuno di noi sta lavorando da più o meno tempo nel ciclo delle rinascite e delle reincarnazioni.
Lo scopo della vita è quello di imparare. Ma la nostra essenza spirituale è più grande di ciò che possiamo pensare, è eterna e si muove lungo eoni di tempo. Per apprendere e imparare tutto ciò che la vita può offrire non basta una sola vita: è necessario che essa si incarni più volte per far esperienze diverse e sempre nuove. Questo meccanismo consente allo spirito di acquisire esperienza, di diventare più consapevole.
La morte è ciò che ci permette di mettere fine ad una esperienza per prepararci a quella successiva.
Ma allora l’aldilà non esiste e c’é solo una continua ed eterna successione di vite e di incarnazioni? No, non è così semplice. Esistono delle dimensioni spirituali a cui noi non abbiamo accesso da questa realtà materiale. Noi veniamo da quelle dimensioni, siamo nati in esse. Ma quando abbiamo deciso di lasciarle per lavorare sull’esperienza di vita ci siamo staccati per un certo periodo da quella che era la nostra casa. Per lo spirito centinaia di anni e millenni di incarnazioni sono come un giorno di lavoro, o di gioco, in cui al mattino si è usciti di casa e in cui non ci si tornerà prima di sera. Torneremo alle dimensioni spirituali, ma quando il nostro lavoro/gioco della vita sarà concluso, o quando decideremo che ne avremo avuto abbastanza.
Cosa succede concretamente al momento della morte?
Innanzitutto il modo in cui si muore può influenzare la nostra reazione nei momenti successivi al trapasso. Una morte armoniosa e tranquilla può lasciarci più lucidi e preparati a ciò che affronteremo, mentre una morte angosciosa o improvvisa può lasciare il nostro spirito confuso e stordito. In ogni caso solitamente ci svegliamo nel luogo in cui siamo morti, o nelle immediate vicinanze, e ci sembra di essere ancora noi, col nostro corpo e la nostra coscienza, come se niente fosse successo. Altri possono svegliarsi invece in un luoghi diversi, luoghi pieni di luce o indefiniti o che sono profondamente rimasti nel loro animo per le emozioni cui sono stati associati. Pochi istanti dopo il momento della morte potremmo già renderci conto di cosa è successo, a seconda del tipo di morte che abbiamo vissuto e del nostro spessore spirituale: se in vita abbiamo temuto la morte intenstamente o abbiamo creduto che dopo la morte non ci sarebbe stato nulla potremmo metterci più tempo ad accettare la situazione.
A prescindere da quando prendiamo coscienza della nostra morte ci accorgiamo fin da subito che le nostre emozioni sono in qualche modo diverse: più forti, più coinvolgenti. Siamo tornati in una forma spirituale, pertanto le emozioni fluiscono più rapidamente e liberamente e sono meno influenzate dalla mente. Inoltre torniamo in connessione con il tutto, con la realtà spirituale e con quella fisica, e questo ci restituisce una piena empatia con le energie e le emozioni che ci circondano.
Solitamente ci “svegliamo” nel luogo in cui siamo morti, e vedere accanto a noi il nostro corpo ci può far provare una intensa tristezza e rimpianto per la perdita che abbiamo appena subito, insieme a un forte attaccamento e amore per il corpo e la vita che stiamo lasciando, soprattutto se sentiamo che questa morte è stata prematura o che sarebbe dovuta andare diversamente. Oppure potremmo venire sommersi dalle emozioni di dolore e di angoscia di chi è accanto a noi e ci ha visti morire.
Questo momento iniziale può durare molto o poco, a seconda della nostra capacità di accettarlo. L’eventuale tristezza comincia a perdersi per essere sostituita da una pace grandissima e meravigliosa, mentre se non lo accettiamo il nostro spirito può trovarsi bloccato per qualche tempo finché non si rende conto pienamente di ciò che è successo. Generalmente uno spirito appena trapassato rimane vicino al nostro mondo fisico per un periodo che può andare da pochi istanti fino a due o tre giorni, a seconda di quanto tempo abbia bisogno per affrontare il cambiamento. Spesso capita che gli spiriti più confusi attendano di vedere il proprio funerale per sentirsi disposti o autorizzati a procedere oltre. Altri potrebbero voler rimanere più tempo, magari perché angosciati per i propri cari o per un rifiuto profondo della morte e del trapasso. Le nuove energie che si sono attivate sul pianeta negli ultimi anni hanno ridotto questo tempo di transizione, e ora gli spiriti riescono con più facilità ad affrontare il risveglio e a proseguire oltre la dimensione terrena.
Mentre uno spirito è ancora nella realtà fisica può spostarsi dove desidera (ma non può spostarsi avanti e indietro nel tempo) e vedere persone e luoghi, sentire le loro conversazioni, ma di rado può essere percepito o può interagire con la realtà fisica stessa. Se stordito o confuso potrebbe vedere il mondo a tratti sbiadito o poco definito, potrebbe trovarsi un momento in un luogo e magari nel momento successivo proiettato ore o giorni in avanti. In generale più siamo pronti senza paura al momento del nostro trapasso, più controllo avremo subito dopo su ciò che percepiremo.
E’ abbastanza comune che uno spirito prima di andarsene si prenda un po’ di tempo per tornare a visitare i luoghi che sono stati importanti nella sua vita, o per far visita ai famigliari ancora in vita o agli amici, per vederli un’ultima volta e ringraziarli dell’esistenza che hanno condiviso con lui.
I momenti successivi alla morte sono importanti, sia per il nostro spirito che deve svegliarsi e ricordare una realtà spiriturale diversa da quella che abbiamo appena sperimentato in vita, sia perché le emozioni e le reazioni delle persone che abbiamo conosciuto potrebbero influenzarci e rallentare il nostro trapasso. Se vediamo i nostri famigliari distrutti dal dolore per la nostra perdita sentiremo le loro emozioni e difficilmente potremo ignorarle. Il loro dolore ci potrebbe portare a desiderare di non lasciarli, anche se questo dovesse significare rimanere come fantasmi in un mondo che non ci appartiene più. Alcuni spiriti si perdono in questo modo, e faticano poi sempre più a riprendere la strada verso casa. Più fatichiamo ad accettare la nostra morte più la nostra empatia diventa densa e ci ancora al mondo fisico che invece dovremmo lasciare.
C’è una profonda saggezza nei rituali funebri dei tempi antichi, durante i quali doveva esserci anche una sorta di festa insieme al dolore per la perdita del defunto. Se lo spirito che non è andato via subito vede famigliari e amici celebrare la sua vita e celebrare amorevolmente le emozioni e i legami che esso ha saputo in vita stringere con loro riuscirà più facilmente a considerare conclusa l’esistenza appena finita e riuscirà ad andarsene con emozioni più serene. Se, al contrario, chi deve dare l’addio sprofonda in una depressione nera e lascia che la perdita sconvolga la propria vita non fa altro che dare un messaggio emozionale allo spirito del defunto del tipo “non te ne andare, ho bisogno di te, non posso andare avanti senza di te”. E se lo spirito non è abbastanza forte può trovarsi intrappolato da questa richiesta, fino al punto di sacrificare se stesso per amore di chi è rimasto in vita.
Durante i giorni successivi al trapasso di una persona è necessario che viviamo il nostro dolore, ma che allo stesso tempo emaniamo pensieri di amore e di ringraziamento nei confronti del defunto. Ringraziandolo e pensando che egli o ella sta tornando a casa, e che presto o tardi lo ritroveremo, nel mondo spirituali da cui siamo venuti tutti o in altre vite. Nessuno di noi si perde, nessuno di noi è realmente solo. La solitudine e la perdita sono unicamente strumenti della vita per farci provare emozioni ed esperienze. Nel mondo spirituale non esistono, pertanto non dobbiamo temere che la morte ci porti via per sempre le persone che amiamo o che abbiamo rispettato e ammirato quando erano in vita.
Non appena lo spirito si sente pronto ad abbandonare la dimensione terrena comincia a pensare meno ad essa e vive delle emozioni che lo spingono a spostarsi. Solitamente ci si sente attratti in una certa direzione, o si vede in tale direzione più luce rispetto al normale e ci si sente attirati da essa. A volte lo spirito potrebbe incontrare parenti o amici già defunti, che vengono ad accoglierlo con amore e gioia. Ogni spirito e ogni morte sono esperienze uniche e soggettive, pertanto non c’é uno schema comune, non c’é un protocollo definito da seguire. Esistono le fasi dell’accettazione e dello spostarsi oltre la realtà fisica, ma i dettagli variano a seconda della nostra mente, di ciò in cui abbiamo creduto, degli accordi che avevamo preso con gli spiriti dei nostri cari ancora prima di incarnarci nella nostra ultima vita. Per lasciare la realtà uno spirito potrebbe voler attraversare una porta, un altro potrebbe incamminarsi in un tunnel di luce, un altro ancora potrebbe iniziare un viaggio in treno. E’ lo spirito che in quel momento crea la realtà in una forma che sa essere per lui confortevole e piacevole.
Non c’è nessuna autorità alla quale presentarsi, nessuno a cui fare rapporto o a cui rispondere di ciò che si è fatto in vita. Come spiriti cominciamo a ricordare che la nostra passata esistenza è stata influenzata dagli accordi che avevamo preso con gli altri spiriti della nostra famiglia, e molte azioni ed esperienze che prima non avevano significato cominciano a spiegarsi come un piano ben stabilito. Quando abbiamo aiutato qualcun altro, quando abbiamo ricevuto aiuto, perfino quando abbiamo fatto del male potrebbero essere state tutte azioni per onorare quegli accordi, per fare in modo che l’altra persona potesse sperimentare determinate situazioni ed emozioni.
Le nostre azioni meschine o malvagie non vengono messe sotto esame per preparare la nostra punizione. Noi stessi potremmo provare sensazioni di disgusto o disagio nei loro confronti se le abbiamo eseguite senza una motivazione ma in conseguenza di una scelta sbagliata. Più ci riambientiamo nella dimensione spirituale più questi giudizi sbiadiscono e se ne vanno, perché in essa il loro significato è molto relativo, va a mescolarsi al tutto. Lo scopo dell’incarnazione è l’esperienza condivisa; non è stato un esame ma un lavoro e un gioco fatto insieme agli altri. La nostra libera scelta di fare del male è stata sicuramente uno spreco e ci ha impedito di elevarci e di conoscere meglio noi stessi, ma ha comunque servito uno scopo più generale.
Per quanto possa aver sbagliato o compiuto del male in vita uno spirito non sarà mai isolato e gettato all’inferno: si troverà insieme agli altri, circondato dal loro amore, con la sola differenza che le sue emozioni potrebbero includere all’inizio, fino al completo risveglio, del rimpianto e della tristezza per gli errori compiuti e di sollievo per aver terminato un’esistenza così miserevole.
Quando lo spirito prosegue oltre comincia a perdere i particolari che lo mantengono legato all’ultima incarnazione. Inizia a riacquistare un punto di vista più spirituale, più compesso e più completo. Comincia a vedere la realtà da un punto di vista più alto e meno soggettivo. Le emozioni sono sempre più avvolgenti e intense.
La dimensione spirituale in cui lo spirito appena trapassato si trova non è di solito la “casa” cui accennavamo prima. E’ una sorta di dimensione a metà strada tra la realtà fisica e la realtà spirituale assoluta. Gli spiriti che sono inseriti nel ciclo delle reincarnazioni solitamente non tornano alla realtà spirituale assoluta finché non hanno finito tale ciclo. La dimensione in cui ci troviamo dopo il trapasso è una sorta di “paradiso” dove gli spiriti come noi esistono insieme e valutano l’esistenza appena finita o preparano la successiva, immersi in uno stato d’essere nel quale non esiste più il tempo. Questo “paradiso” non è quello professato dalle religioni, anche se potrebbe presentare degli elementi ripresi da tali concetti: la luce, l’armonia, giardini o luoghi puri, eccetera eccetera. In questa dimensione lo spirito ha più presa sulla realtà che lo circonda, e può plasmarla con più o meno forza. L’identità vissuta nell’ultima vita sarà ancora forte, anche se non completa: tutti i dubbi, le emozioni negative, i comportamenti dettati da ragionamenti di sopravvivenza o opportunismo sono scomparsi, e quello che rimane è la nostra personalità come se sperimentassimo un giorno perfetto, senza preoccupazioni o senza pensieri malvagi, con la gioia che provavamo nei giorni più sereni di quando eravamo bambini.
Dobbiamo tenere conto che il nostro spirito quando si trova nella dimensione spirituale non ragiona e non si comporta come facciamo mentre siamo in vita. In quel luogo esistiamo ad un livello più completo, più alto e distaccati da tutte le necessità fisiche: respirare, muoverci, stancarci, sfamarci, e così via. Questo non vuol dire rimanere fermi in eterno in un unico punto senza un corpo, senza coscienza e senza percezioni. Al contrario, le nostre percezioni sono aumentate, sentiamo di tutto e condividiamo con gli altri spiriti le nostre e le loro emozioni, con una intensità grandissima. Non esiste giorno e non esiste notte, non esiste passato né futuro. Quindi invece di andare in giro a lavorare o a cercare cibo o compagnia le nostre attività saranno altre: osservare le vite degli spiriti della nostra famiglia, parlare e valutare con altri spiriti le scelte fatte, o anche semplicemente esistere e basta, irradiando amore e ricevendo amore. Può sembrare limitativo a chi è abituato ad affannarsi con mille faccende tutti i giorni, ma in realtà è uno stato dimensionale molto più armonioso, coinvolgente e intenso di quanto riusciamo a immaginare o ricordare.
Difficilmente uno spirito si reincarna subito dopo la propria morte. Nella dimensione spirituale il tempo non esiste; ognuno di noi può vederlo e percepirlo tutto insieme, ma quando parte per una nuova reincarnazione essa solitamente comincia almeno qualche anno dopo rispetto alla precedente morte. Se le incarnazioni fino a quel momento vissute ci hanno portato ad aver completato il ciclo che ci eravamo prefissati potremmo decidere di lasciare questo “gioco” e di tornare alla realtà spirituale assoluta. Anche in questo caso, potremmo decidere invece di rimanere per stare vicino ancora una volta in una nuova vita ad uno nostro spirito fratello che avrà bisogno di noi, o che non siamo ancora pronti a lasciare.
Il caso più comune è tuttavia quello in cui ci rendiamo conto che il nostro lavoro, o il nostro gioco, non è ancora finito. Che abbiamo ancora qualcosa che vogliamo sperimentare, che ci sono ancora esperienze che vogliamo vivere.
Dalle nostre passate vite ci portiamo dietro un bagaglio di successi e di errori. Ci saranno delle cose che non siamo riusciti a superare, e nella prossima vita generalmente vorremo cercare di risolvere, solitamente mettendoci in una situazione ancora più sfidante e difficile. Lo spirito non ha concetto di stanchezza o di paura, pertanto esso fa delle valutazioni diverse da quelle che faremmo in vita. Può sembrare strano a noi mentre leggiamo tutto questo dalla nostra dimensione fisica, fatta di stanchezza e problemi, ma dobbiamo ricordarci che noi siamo in realtà quello spirito, che il nostro vero essere ragiona in quel modo e vive quella vita eterna; tutto ciò che stiamo sperimentando ora in vita è solo uno dei tanti giochi che stiamo giocando, è solo uno dei tanti ruoli che stiamo interpretando.
Il nostro spirito, da solo o con l’aiuto di altri, valuta cosa vorrebbe fare nella prossima vita. Decide se vuole essere uomo o donna, dove vuole nascere e si mette d’accordo con gli altri spiriti magari decidendo di nascere da alcuni di loro, o di diventare fratello o sorella di altri, di incontrarsi o di sfidarsi. Delinea il proprio carattere a seconda degli scopi che vuole raggiungere e crea i presupposti delle sfide che vorrà cercare di superare.
Quando tutto questo è pronto, e quando ci sentiamo pronti per tornare a giocare, ci prepariamo ad incarnarci nuovamente. Nel mondo fisico potrebbero essere passati anni, decenni, addirittura secoli. Ci sono casi in cui uno spirito decide di reincarnarsi nel passato rispetto all’ultima vita vissuta. Il tempo nelle dimensioni spirituali è profondamente diverso, e il nostro spirito ha accesso a tutti i momenti della storia umana.
E così la morte è venuta e passata. Siamo tornati in paradiso e abbiamo concretizzato dentro di noi tutto quello che abbiamo imparato nell’ultima vita. Siamo più consapevoli e più completi rispetto a quanto eravamo. Siamo pronti per continuare il nostro lavoro, il lavoro che abbiamo scelto consapevolmente e liberamente di voler fare, un lavoro che è una sorta di gioco in cui metterci di fronte a sfide e superarle grazie all’esperienza.
Un lavoro e un gioco che dureranno per millenni, dopo il quale torneremo alla nostra vera casa. E una volta lì, decideremo se fermarci, o se tornare a giocare in un altro ciclo di esistenze.